LEGGE SULL’ACQUA IN SICILIA – VITTORIA DEI MOVIMENTI E DEGLI ENTI LOCALI

Foto Roberto Monaldo / LaPresse 24-05-2011 Roma Politica P.zza Montecitorio, presidio permanente dei Comitati `Vota Sì per Fermare il Nucleare` e `2 sì per l'Acqua Bene Comune`  Nella foto Gadgets Photo Roberto Monaldo / LaPresse 24-05-2011 Rome Demonstration against nuclear energy and the public water In the photo Gadgets

LEGGE SULL’ACQUA IN SICILIA – UNA VITTORIA DEI MOVIMENTI E DEGLI ENTI LOCALI CHE DA ANNI RESISTONO ALLE PRIVATIZZAZIONI E DIFENDONO IL DIRITTO ALL’ACQUA PUBBLICA

Palermo, 11 agosto.

La decennale lotta dei movimenti e degli enti locali per l’acqua pubblica ha trovato ieri sera il punto di approdo con l’approvazione del ddl 455 “disciplina in materia di risorse idriche”.
In un contesto nazionale nel quale l’esito dei referendum del 2011 viene aggirato con la legge di stabilità e lo Sblocca Italia per indurre i Comuni a mettere sul mercato i servizi pubblici, la Sicilia infine alza la testa e ribadisce le competenze esclusive in materia di acque pubbliche assegnate dallo Statuto autonomo che ha rango costituzionale.

Malgrado i tentativi di bloccare l’iter della legge attraverso la pregiudiziale su presunti vizi di incostituzionalità presentata dall’MPA, un ossimoro che svela le contraddizioni della politica siciliana, l’Assemblea regionale è andata avanti sul testo esitato dalla IV Commissione ARS, sventando il previsto commissariamento del governo nazionale per ottobre.

La legge approvata ieri, frutto di una mediazione tra le forze di maggioranza, recepisce buona parte dei contenuti della legge di iniziativa Popolare e Consiliare presentata nel 2010, pur riducendone la portata innovativa e riducendo all’uso idropotabile i confini di un testo che prevedeva una visione olistica dell’uso della risorsa e il rispetto delle direttive europee, pone le basi per la gestione pubblica del servizio idrico, legittima i Comuni che in questi anni hanno condotto una battaglia di resistenza rifiutando di consegnare le reti ai privati.

I promotori della legge Popolare e Consiliare, che hanno partecipato attivamente ai lavori della IV Commissione Ambiente nella stesura del testo base, pur cogliendo alcuni limiti oggettivi nel testo approvato dall’Aula, a partire dalla possibilità reintrodotta delle tre forme di gestione, esprimono soddisfazione per il risultato conseguito. La gestione pubblica sarà realizzabile dai comuni in forma singola o associata, non potrà essere sospesa l’erogazione del minimo vitale, si potranno finalmente analizzare nel merito i contratti con i gestori privati e le eventuali inadempienze per verificare le condizioni di recesso.

La parola passa ai Comuni che con grande senso di responsabilità dovranno ora dimostrare che la gestione pubblica e partecipativa può essere più efficiente ed economica di quella privata, non consentendo di lucrare sul bene comune primario e mantenendolo nella disponibilità delle generazioni viventi e future.

“Riteniamo che la partecipazione ed il controllo democratico che era stato previsto con l’art. 3, (e che l’Aula ha bocciato trasversalmente con voto segreto), sia uno strumento fondamentale per una corretta pianificazione delle risorse” – dicono i promotori – ” per questo facciamo appello al Presidente Crocetta affinché si intesti per decreto l’istituzione del tavolo di consultazione permanente sul piano di gestione delle risorse idriche”.

SI SCRIVE ACQUA, SI LEGGE DEMOCRAZIA

Comitato promotore legge di iniziativa Popolare e Consiliare
Forum Siciliano dei Movimenti per l’Acqua ed i Beni Comuni

 

Di seguito un primo commento sugli articoli del testo approvato
LA LEGGE REGIONALE PER L’ACQUA PUBBLICA: LUCI ED OMBRE

Il testo del disegno di legge esitato per l’Aula dalla IV Commissione ARS in materia di risorse idriche recepiva le principali priorità contenute nei disegni di legge di iniziativa popolare e consiliare per l’acqua pubblica sottoscritto da cittadini e consigli comunali.

La legge faceva leva, oltre che sul risultato referendario e sulla volontà di cittadini ed Enti Locali, sull’articolo 14 lettera i) dello Statuto della Regione Siciliana che da potestà legislativa alla Regione sulla materia e sui principi del Trattato di funzionamento dell’Unione Europea articoli 14 e 106, comma 2 e del Protocollo 26 sui servizi di interesse generale e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che consentono di escludere il richiamo esclusivo ai criteri della tutela della concorrenza per la gestione di un servizio di interesse generale che tutela un diritto umano di accesso universale.

Una proposta di legge innovativa nel panorama nazionale poiché, attraverso una visione olistica dell’intero settore delle acque, aveva individuato come prima priorità la riforma dell’intero ciclo delle acque per tutti gli usi plurimi, che fosse in grado di garantire una “buona” qualità della risorsa idrica e di tutelare il territorio dal rischio frane ed alluvioni, nel rispetto e nella completa attuazione delle normative comunitarie (Direttiva Quadro sulle Acque 60/2000/CE e Direttiva Frane ed alluvioni 60/2007/CE).

Per raggiungere gli obiettivi comunitari fissati dalle due Direttive europee, sarebbe stato indispensabile procedere alla costituzione di un’Autorità regionale di Bacino a livello di Distretto Idrografico della Sicilia che fosse in grado di attuare un efficace Piano di Gestione con l’individuazione degli interventi prioritari necessari.

L’adozione del Piano di Gestione è considerato dalla Commissione Europea requisito indispensabile per potere accedere e spendere le risorse finanziarie comunitarie già allocate nei Fondi Strutturali. Senza l’adozione del Piano perderemo definitivamente una grossa opportunità: non potremo utilizzare le risorse finanziarie comunitarie.

La legge approvata, quindi, non recepisce appieno le norme comunitarie in difformità con quanto già affermato all’articolo 1, che elenca correttamente principi e finalità.

L’articolo 1 approvato, infatti, non intacca sostanzialmente i principi e le finalità stabiliti nel testo esitato dalla IV Commissione ARS:

si promuove la gestione pubblica del servizio idrico integrato attraverso l’articolo 14 lettera i) dello Statuto della Regione Siciliana che da potestà legislativa alla Regione sulla materia e sui principi del Trattato di funzionamento dell’Unione Europea articoli 14 e 106, comma 2 e del Protocollo 26 sui servizi di interesse generale e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea;

si afferma che l’acqua è un “bene comune pubblico non assoggettabile a finalità lucrative quale patrimonio da tutelare”;

si avvia la “progressiva definizione di un sistema tariffario tendenzialmente unitario” (si è in parte depotenziato aggiungendo il termine “tendenzialmente”);

si promuove la realizzazione di un unico sistema informativo regionale in materia di tutela delle acque, di difesa del territorio dal rischio frane ed alluvioni, dal processo di desertificazione e del servizio idrico integrato;

ad ogni cittadino viene garantito un quantitativo “minimo vitale” di acqua per l’alimentazione e l’igiene intima pari a 50 litri al giorno.

Purtroppo, l’articolo 2 che prevedeva, in attuazione dei principi già approvati all’articolo 1, l’istituzione dell’Autorità di Bacino regionale è stato soppresso da un fronte politico trasversale che ha visto il centro destra alla guida sostenuto anche dal centro sinistra.

Soppresso a maggioranza con voto segreto, su proposta di parlamentari del centro destra, anche l’innovativo articolo 3 sulla costituzione del Comitato di Consultazione sul Piano di Gestione del Distretto Idrografico della Sicilia che consentiva la partecipazione ed il controllo democratico sul principale strumento di intervento per raggiungere gli obiettivi europei in materia di buona qualità delle acque e di contrasto al rischio frane ed alluvioni.

Altresì, è stato soppresso dallo stesso fronte politico trasversale l’articolo 4 che prevedeva il riordino delle competenze in materia di risorse idriche che avrebbe dovuto avviare la riforma dell’intero settore della risorsa idrica per tutti gli usi plurimi.

L’articolo 5 approvato prevede, in maniera poco coraggiosa, la riconferma dei 9 Ambiti Territoriali Ambientali (individuati con delimitazione geografica a livello di ex Province) piuttosto che individuare un numero minore di Ambiti (5 o 7) che fossero delimitati e individuati in base a bacini idrici attigui ed omogenei.

Decisamente più coraggiosa è la norma che elimina la presenza del “sovrambito” nel nuovo assetto poiché affida la gestione dei sistemi acquedottistici, dei servizi e delle opere idriche di captazione, di accumulo, di potabilizzazione e di adduzione, individuati nel Piano Regolatore Generale (PRG) degli Acquedotti (come è noto alcuni sono gestiti attualmente da Siciliacque), ai nuovi gestori del servizio idrico integrato in ciascun Ambito Territoriale Ottimale. In tal modo, si pone fine ad una distorta applicazione in Sicilia della ex Legge Galli sul servizio idrico integrato che non prevedeva la costituzione di alcun “sovrambito”.

Per quanto riguarda l’articolo 6 approvato sulla gestione del servizio idrico integrato, la norma non prevede una completa “ripubblicizzazione” della gestione ma tende a incentivare l’affidamento al gestore pubblico da parte alle Assemblee Territoriali Idriche (che hanno preso il posto delle ex Autorità d’Ambito Territoriali Ottimali).

E’ possibile assegnare la gestione del servizio a una società pubblica, mista o anche ai privati. Il ricorso a privati è possibile solo ad alcune condizioni stringenti: ogni affidamento potrà durare un periodo non superiore a nove anni; in caso di interruzione del servizio per più di quattro giorni ad almeno il 2% del bacino, il gestore privato andrà incontro a una sanzione compresa fra i 100 e i 300 mila euro per ogni giorno di interruzione, e alla possibilità di risoluzione del contratto. E’ possibile la gestione in forma singola e diretta del servizio idrico integrato da parte dei Comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, i Comuni delle Isole minori ed i Comuni che non hanno consegnato le reti ai vecchi gestori delle ATO, già salvaguardati dalla legge regionale 2/2003 (articolo 1, comma 6).

Approvato integralmente il comma 7 dell’articolo 7 che obbliga le aziende operanti nella Regione a riutilizzare l’acqua impiegata all’interno dell’impianto nel processo industriale e con esclusione del prelievo diretto di acqua proveniente da falda. Sempre all’articolo 7 è prevista la possibilità della gestione in forma singola e diretta per i Comuni che hanno consegnato le reti ai vecchi gestori.

L’articolo 8 approvato da mandato al Presidente della Regione di valutare l’esistenza dei presupposti per procedere alla rescissione ed in ogni caso avvia le procedure per la revisione della Convenzione con Siciliacque.

Viene approvato integralmente l’articolo 10, così come esitato dalla IV Commissione ARS e come previsto nella proposta di legge di iniziativa popolare, relativo agli strumenti di partecipazione democratica a tutela degli utenti del servizio idrico integrato.

La legge di riforma approvata garantisce gli attuali livelli occupazionali.

Viene sancito con l’articolo 12 la garanzia di un quantitativo “minimo vitale” pari a 50 litri al giorno per i cittadini morosi e un fondo di sostegno per il pagamento delle bollette delle famiglie meno abbienti. All’articolo 13 che da alla Giunta regionale poteri di approvazione di modelli tariffari, è stato approvato un emendamento estremamente interessante, voluto dal Presidente della Regione, che la risorsa idrica non utilizzabile per fini alimentari dovrà avere una tariffa scontata del 50%.

L’articolo 14, che è stato approvato integralmente come proposto all’Aula, prevede l’istituzione di Commissioni Tecniche presso gli ATO idrici posti in liquidazione per verificare eventuali inadempimenti contrattuali da parte di soggetti gestori privati, in ottemperanza a quanto previsto dall’articolo 49 della legge regionale 11/2010.
Alfio La Rosa (Comitato Promotore Legge di Iniziativa Popolare per l’Acqua Pubblica)

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