Quali sono i risultati dell’Indagine Conoscitiva sulla Crisi Idrica?
Subito prima di Natale, in tutta fretta e senza svolgere una reale discussione in Commissione, è stata approvata la relazione finale dell’Indagine Conoscitiva sulla crisi idrica partita a luglio scorso e da noi richiesta tramite anche una risoluzione in Commissione.
È il caso di dirlo: è stata sicuramente una occasione persa. L’indagine doveva essere l’occasione giusta per ascoltare e recepire le indicazioni di soggetti che hanno come ambito di competenza l’acqua (gestori idrici, enti di bacino, tecnici ecc.).
Questi contributi, seri e circonstanziati, dovevano essere recepiti dalla Commissione Ambiente in maniera molto più approfondita. Questi apporti dovevano aiutare a capire ed evidenziare tutte le responsabilità che hanno portato alla crisi idrica che ci ha malauguratamente accompagnati per tutto il 2017, riducendo il paese in uno stato di perenne emergenza idrica. Purtroppo, non è stato così.
La Relazione porta come unico esempio la situazione del Lago di Bracciano e del Lazio quando in Italia ci sono stati miliardi di danni all’agricoltura e 12 regioni hanno chiesto lo stato di emergenza a causa della crisi idrica di questa estate.
Quella che doveva essere un’indagine a carattere nazionale è diventata un’indagine ad hoc sul Lago di Bracciano. Perché? Perché si doveva attaccare in tutti i modi la sindaca di Roma.
Rispetto al ruolo dell’AEEGSI. Nell’ultima legge di Bilancio l’AEEGSI (l’autorità per l’energia elettrica, il gas e i servizi idrici) è stata trasformata in ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente). Sebbene l’ente sia citato più volte all’interno della relazione, continuiamo a mantenere tutte le nostre perplessità sul suo ruolo visto che l’unico ente terzo che si dovrebbe occupare di acqua, secondo noi, è un serio Ministero della sostenibilità ambientale. Inoltre, a differenza di quanto riportato nella relazione, l’AEEGSI ci è venuto a raccontare che gli strumenti tariffari per sanzionare i gestori che non attemperano al proprio dovere (rispettare gli standard, fare manutenzione agli impianti ecc.) ancora non ci sono.
Pensate, gli incentivi per ora inseriti in tariffa premiano tutti altri tipi investimenti, che poco hanno a che fare con la qualità e l’efficienza delle infrastrutture idriche.
Inoltre, proprio in tema di infrastrutture idriche e gestione della crisi idrica, si sarebbe dovuto battere molto di più su quanto andava fatto in termini di innovazione tecnologica, sia rispetto alla ricerca delle perdite che sugli interventi necessari e urgenti da realizzare. E non saranno purtroppo quei miseri 50 milioni all’anno del piano straordinario invasi che sono stati inseriti nel Legge di Bilancio a risolvere la situazione. Siamo ben lontani dai 5 miliardi necessari a rimettere in sesto la rete idrica.
Rispetto allo strumento e all’opportunità aperta dagli Osservatori per gli Usi Idrici (dei quali nonostante gli impegni parlamentari ho cercato in questi mesi di seguire gli sviluppi) almeno per quanto riguarda quello attivato nel Distretto dell’Appennino Centrale, sparare così a zero come riporta la relazione, sugli Osservatori istituiti dal Ministero dell’Ambiente risulta essere una mossa inutile e fuori luogo. In un momento in cui le Autorità di Distretto non erano ancora entrate in piena funzionalità e durante la situazione di crisi idrica generalizzata che si è verificata questa estate, dal Nord al Sud del paese, gli Osservatori sono stati l’unico strumento di coordinamento tra tutte le istituzioni preposte, sicuramente troppe, che hanno responsabilità in tema di acqua.
Va sottolineato inoltre un altro passaggio: “considerato che attualmente l’Autorità (AEEGSI ora ARERA) regola solo gli usi civili, sarebbe necessario rendere omogeneo il ruolo dell’Autorità anche nella verifica degli usi industriali e agricoli della risorsa idrica, che sono ancora gestiti in modo differenziato.”
Su questo punto noi siamo assolutamente contrari ad estendere al potere regolatorio dell’AEEGSI anche gli usi industriali e agricoli, soprattutto se l’obiettivo è quello di garantire un miglior accumulo della risorsa e favorire la gestione dei bacini idroelettrici.
È evidente che la difficoltà vissuta in questi mesi non sta nella mancanza di invasi, ma nel mal funzionamento di quelli già esistenti, nella scarsità delle piogge, nelle perdite di rete, nei sistemi di depurazione assenti che scaricano in mare o in terra senza che l’acqua possa essere riutilizzata. In Italia mancano i fondi per rimettere in sesto le infrastrutture già esistenti, verificare la necessità di strutture di captazione o interconnessione, studiare l’applicazione di strumenti di irrigazione anche tecnologicamente avanzati. Insomma, non serve dare altri ruoli all’AEEGSI, servono investimenti urgenti. È impensabile che gli italiani debbano pagare in tariffa il costo di tutta questa operazione. A che serve lo Stato se non riesce a garantire un diritto come quello di rifornire di acqua i sui cittadini?
L’esempio è inserito nella relazione in questione dove manca completamente un riferimento al riutilizzo dell’acqua. Il concetto è semplice: non possiamo più permetterci di sprecare acqua. La Commissione Ambiente aveva il dovere il cogliere questa istanza e di prendere impegni chiari e decisi su come affrontare un problema che si riproporrà nel tempo. Mancano pochi mesi ad una nuova estate, ad una nuova crisi idrica (quella 2017 non è mai terminata) e manca ancora una volta una programmazione coordinata e monitorata dal Ministero sulla gestione dell’acqua in questo Paese.
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