Ecco di cosa abbiamo parlato ad “Acqua pubblica: una sfida globale”
Il 22 marzo in occasione della Giornata mondiale dell’Acqua abbiamo organizzato l’evento “Acqua pubblica: una sfida globale” che ha potuto contare sul contributo di relatori preparati e del ministro dell’Ambiente Sergio Costa. Chi non è potuto venire ad ascoltare gli interventi troverà qui sotto il video della diretta streaming che è stata trasmessa sui nostri canali social e di seguito una sintesi della giornata.
La mattinata si è aperta con un necessario riferimento alla crisi idrica che il Paese, le regioni del Nord in particolare, sta vivendo: è necessaria una visione più ampia per riuscire a gestire collettivamente una risorsa fondamentale. Abbiamo interpellato i segretari dei distretti di bacino idrografico che sono fondamentali per conoscere la situazione delle nostre acque e dargli sempre più strumenti.
Cosa abbiamo combinato in questa legislatura per l’acqua? Una definizione e approvazione del piano straordinario Invasi ed Acquedotti, si tratta di 30 interventi immediatamente cantierabili per un totale di 250 milioni di euro a cui si aggiunge un miliardo in più in dieci anni su questo stesso fondo. A questo fondo accedono anche i gestori del servizio idrico integrato per evitare di aumentare eccessivamente le bollette ma ridurre il gap infrastrutturale. Ci sarà un ulteriore stanziamento di 200 milioni su questo fondo sull’adeguamento e messa in sicurezza di dighe, sistemi di adduzione, infrastrutture acquedottistiche. Infine è alla firma del Presidente del Consiglio il Fondo di Garanzia sulle opere idriche che sarà un volano per gli investimenti.
Vito Felice Uricchio, direttore facente funzioni dell’Istituto di Ricerca sulle Acque IRSA-CNR
La legge Daga all’articolo 7 comma 1 pone l’attenzione su qualcosa di fondamentale: la trasparenza, la gestione trasparente delle informazioni sulla qualità delle acque. Spesso purtroppo abbiamo una conoscenza parziale, alcuni parametri andrebbero estesi, sappiamo molto poco per esempio sulle acque minerali che molte volte non rispettano i cosiddetti limiti di potabilità. Ad esempio per il manganese il limite nelle minerali è 10 volte più alto rispetto a quello delle potabili, così come l’alluminio etc.
“La trasparenza influisce dunque sulle nostre scelte quotidiane”
Un altro elemento, che la legge mette in luce, è il potenziamento del monitoraggio che equivale a garantire il nostro diritto alla salute.
La European Chemicals Agency censisce oggi 100 mila composti che possono essere anche presenti nelle nostre acque, le minacce sono tante ed occorre conoscerle anche perché l’acqua è il principale vettore per la contaminazione. Nelle acque di scarico possiamo trovare farmaci, fitofarmaci, antibiotici, interferenti endocrini etc. un cocktail che può essere particolarmente pericoloso. L’Italia ha il record negativo per morti per antibiotico resistenza, ne utilizziamo troppi anche nel comparto zootecnico e questi sono i farmaci che troviamo più spesso nelle nostre acque. Ma troviamo anche droghe e fitofarmaci (al terzo posto in Europa come consumo) sono insetticidi, pesticidi etc.
Ma anche oltre 1000 sostanze neurotossiche: piombo, mercurio, metilmercurio, arsenico che hanno conseguenze sulla salute fino a malattie neurovegetative. E poi ci sono le microplastiche, tra queste quelle primarie usate come eccipienti nei farmaci o nel comparto dell’edilizia, sono inutili e dobbiamo evitarle. Queste microplastiche sono assorbitori di sostanza. A Barletta stiamo sperimentando un sistema di monitoraggio delle microplastiche, abbiamo trovato Pcb o derivati del Ddt che dovrebbe essere fuorilegge da anni. Aggiungo inotre che per la prima volta l’Italia, con il ministro Costa, coordina una water platform in Iran. Il Cnr è presente in molti working group europei e questo consente di intervenire anche nella fase di redazione delle direttive europee, puntiamo a condividere, per esempio gli PFSAS sono stati inseriti nella direttiva europea sulle acque potabili anche grazie all’Italia. La ricerca va dunque in questa direzione insieme al continuo sviluppo di nuove tecnologie utili alla gestione del servizio idrico.
Pablo Sanchez Centellas dell’European Public Service Union e del Movimento europeo per l’acqua
Il Movimento europeo dell’acqua è un coordinamento di organizzazioni, soggetti, cittadini che lottano per il diritto umano all’acqua. Il 1 aprile 2012 c’è stata la prima iniziativa europea per il diritto all’acqua.
In Europa c’è una sensibilità sul tema e una visione per una gestione diversa
come anche ha dimostrato il referendum italiano del 2011 che abbiamo deciso di emulare ovviamente considerando le difficoltà della diversa scala. Un primo dibattito si tenne a Grenoble (città che ha scelto di ripubblicizzare dopo uno scandalo di corruzione ndr) per capire quale fosse un buon modello di gestione. Vorrei dedicare un minuto a qualcosa che non tutti conoscono ma che è molto importante: a fine gennaio, a Belgrado, in Serbia, è stata organizzata una manifestazione di migliaia di persone in difesa dei fiumi e per liberalizzare la gestione dell’acqua mentre si espandono i micro impianti idraulici che hanno effetti negativo sull’ambiente. Nel 2012 abbiamo raccolto circa 2 milioni di firme nell’Unione Europea ma con effetti non ancora tangibili. Vorrei ringraziare il governo italiano per la sua partecipazione al dibattito sulla direttiva delle acque perché nell’audizione pubblica fu uno dei pochi a difendere il diritto dei cittadini che avevano firmato. Nel febbraio del 2012 la Commissione ha fatto una proposta per la revisione della direttiva acqua potabile creando un articolo per aprire il dibattito sull’accesso alla risorsa che è uno dei punti fondamentali del diritto all’acqua. Il Consiglio è poi giunto all’impegno generale, non abbiamo visto nulla di tangibile pur avendo fatto il possibile e anche l’impossibile. Aspettiamo il passo decisivo da parte delle istituzioni europee che ora sono alla fase di confronto interno sulla direttiva quadro dell’acqua. Un movimento ambientalista teme che in questa fase di revisione ci potrebbe essere una riduzione degli standard, è un timore giustificato. Il mio appello è affinché l’Italia giochi un ruolo per impedire che la direttiva venga diluita, ci sono molti stati membri che fanno pressione in questo senso. Noi speriamo che si vada verso un miglioramento che guardi anche alle direttive internazionali e che vengano fissati obblighi stringenti. La legge che verrà discussa in Italia è un esempio positivo così come la modifica della Costituzione slovena di qualche anno fa e speriamo che queste misure si diffondano a sempre più Stati. Noi del Movimento europeo per l’acqua proseguiamo sulla nostra strada per il diritto all’acqua.
Emanuele Lobina, docente al Public Service International Research Unit dell’Università di Greenwich
Ho iniziato la mappatura delle ripubblicizzazioni del servizio idrico nel mondo nel 2000, uno dei primi casi di cui mi sono occupato è stato Grenoble, che si citava prima. Si è trattato del primo caso di ripubblicizzazione di una città con più di 150mila abitanti e che quindi ha fatto scuola. Lo sviluppo sostenibile è un obiettivo ambizioso e multidimensionale, proiettato sul lungo termine e questa è l’ottica in cui studio la ripubblicizzazione e la privatizzazione. Possiamo fare una comparazione sul prima e il dopo la ripubblicizzazione ma anche nello spazio paragonando più Paesi, Parigi e Londra nello specifico. La ripubblicizzazione è un processo in forte crescita che si concentra perlopiù in Francia e questo è interessante perché la Francia è un Paese che in passato ha privatizzato molto ed ora sta ripubblicizzando. In Germania ci sono pochi casi, a parte Berlino, perché c’erano stata meno privatizzazioni, molto semplicemente. Quali sono le motivazioni della ripubblicizzazione? Il settore privato è molto bravo a promettere ma molto meno a mantenere quindi abbiamo problemi che vanno dalla corruzione conclamata come nel caso di Grenoble, la mancanza di trasparenza a Parigi, bassa qualità del servizio ad Atlanta, sottoinvestimenti e aumenti sconsiderati delle bollette a Berlino. Questi sono solo alcuni esempi ma in generale conseguenza di queste promesse mancate è la massimizzazione del profitto che porta alle manifestazioni patologiche che ho appena citato. Il caso di Parigi è quello che più di tutto ci fa vedere le potenzialità di una gestione sostenibile del servizio idrico, la gestione pubblica affidata a una azienda speciale ha consentito di invertire la rotta e abbassare le tariffe (8% solo nel primo anno). Nonostante la riduzione tariffaria si è raddoppiato il tasso di rinnovamento delle reti. Vediamo l’esperienza inglese, la Thatcher ha privatizzato nel 1989 con promesse di efficienza ma gli studi che hanno comparato il pubblico e il privato hanno invece riscontrato aumenti tariffari del 40% con la gestione privata nei primi 25 anni e con un sovrapprezzo di 5,5 miliardi di sterline sulla cifra giustificata per gli investimenti. Inoltre ci sono state indagini sul falso in bilancio che hanno interessato alcuni gestori, con anche condanne. Il 96% degli utili finisce nelle tasche degli azionisti, questo negli ultimi 10 anni. E quindi io mi chiedo come si possono perseguire obiettivi di sviluppo sostenibile come è possibile raggiungerli se questa percentuale anziché essere reinvestita diventa guadagno per gli azionisti. Il 34% delle famiglie inglesi soffre di povertà idrica: il 23% delle famiglie inglesi paga più del 3% delle risorse finanziarie per le bollette del servizio idrico integrato e l’11% delle famiglie inglesi paga più del 5%. Ecco le conseguenze della massimizzazione del profitto se lo si antepone a obiettivi di sviluppo sostenibile ad esempio a livello sociale sociale: si dà la priorità all’interesse commerciale dei pochi a discapito della dignità dei molti. Più di 37.000 aree affette da esondazioni fognarie nel solo 2016 e se guardiamo il gestore privato della zona di Londra registriamo perdite di rete superiori al 40%, un tasso di rinnovamento delle reti pari a un quarto di quello di Eau de Paris, l’azienda speciale di Parigi e un quinto rispetto alla media dei gestori danesi in maggioranza pubblici.
In conclusione la massimizzazione del profitto comporta la rigidità della governance e causa l’insostenibilità della privatizzazione a vari livelli – sociale, tecnico, ambientale – e l’esperienza britannica fa capire come un regolatore forte contribuisce ad acuire il problema dell’insostenibilità della privatizzazione invece di rappresentare una soluzione e questo perché il regolatore ha gli stessi interessi, quelli dei gestori privati, a far sì che il sistema si riproduca. Questo perché senza privatizzazione non esisterebbe il regolatore così come i gestori privati.
L’assenza della massimizzazione del profitto al contrario si traduce in una maggiore flessibilità soprattutto quando c’è una volontà politica che vada in direzione di obiettivi di sviluppo sostenibile in tutti i suoi livelli
ce lo dimostra Eau de Paris che equivale alla nostra forma di azienda speciale.
Sergio Costa, ministro dell’Ambiente
La questione acqua intesa nel senso più ampio del termine si può guardare in tre momenti: uno planetario, uno europeo e uno nazionale. Dobbiamo ragionare all’interno dello scenario del cambiamento climatico chiedendoci anche l’Italia e questo governo stanno portando avanti per poter fare anche massa critica. Lo sappiamo tutti 2,1 miliardo di persone nel mondo non hanno l’acqua potabile e 4,5 miliardi non accedono a servizi igienici sicuri. Se pensate che questo è il più diffuso motivo di morte precoce al mondo intuite anche che i più colpiti sono i bambini, questi sono dati che dobbiamo tenere a mente altrimenti rischiamo di concepire il dibattito parlamentare come se l’Italia fosse il mondo, l’Italia è parte del mondo. Mi sono andato a cercare alcuni dati: ogni anno, a livello planetario, le crisi idriche spostano 70 milioni di persone – “rifugiati dell’acqua” – e che questa quantità di persone è raddoppiata in maniera costante negli ultimi 50 anni, è un problema strutturale. Le persone più esposte in questo mondo di diversità di gestione e tutela dell’acqua sono le donne, specialmente le adolescenti, e i bambini. Le adolescenti lo sono perché sono quelle che vanno a prendere l’acqua, si caricano di chilometri e giare e non vanno più a scuola. Sono da poco tornato da Nairobi, negli slum o nelle favelas le persone pagano l’acqua con un ricarico medio del 20%, sono posti in cui si vive con una media tra 1 e 2 dollari a testa al giorno. Pagano l’acqua 40 centesimi al giorno, è come se su uno stipendio di mille euro voi pagaste 400 euro per l’acqua. L’Unesco stima che nel 2050 il 45% del Pil globale sarà a rischio a causa dei problemi idrici e i micro o macro conflitti armati tra il 2000 e il 2009 erano 94, tra il 2010 e 2018 sono diventati 263, più del 150% in più: queste cose le dobbiamo sapere e metabolizzare altrimenti non possiamo dirci cittadini del mondo. L’assemblea delle Nazioni Unite a New York, nel 2010, ha chiesto una risoluzione votata all’unanimità per far sì che l’acqua fosse un diritto inalienabile dei cittadini del mondo e ancora oggi noi parliamo di privatizzazioni. Questa è una dimensione globale che non può affrontare un ministero dell’Ambiente, la può affrontare un Paese come l’Italia dentro un’Unione Europea che guarda alla finestra del mondo. È stata richiamata da tutti i relatori la direttiva acqua della quale si sta discutendo in Europa, è una cosa importante perché una direttiva, seppure non è un regolamento, nei 24 mesi successivi deve essere recepita dai Paesi membri secondo le linee della direttiva.
Quando mi siedo al Consiglio dei ministri dell’Ambiente, la prima cosa che dico quando si parla di acqua è l’Italia è per l’acqua pubblica diritto umano universale inalienabile. È il nostro Azimut di riferimento.
Alcune delle specificità che siamo andati a declinare in questa direttiva acqua, abbiamo sollevato alcune questione per esempio quella dei clorati e dei cloriti, sui quali l’Organizzazione mondiale della sanità ha fissato la soglia di 0,7 milligrammi per litro e abbiamo negoziato su questo limite arrivando ad una buona conquista. Abbiamo sollevato il problema degli Pfas che colpisce già 350 mila italiani ma che potrebbe allargarsi ad altri territori. Abbiamo un riferimento di 0,1 nanogrammi per litro ma non ci siamo accontentati perché gli Pfoa e Pfos che, lo abbiamo dimostrato, sono i più pericolosi. Se il limite è 0,1 ma la somma degli altri arriva alla quantità limite significa che esponiamo i cittadini a questa problematica. E abbiamo allora chiesto che per Pfos e Pfoa si arrivasse a 0,065 nanogrammi per litro e 0,03. Entro nel tecnicismo perché le sfumature le compone il diavolo dobbiamo stare attenti e le argomentazioni di principio poi devono tradursi in fatti concreti e questi se noi non ci stiamo attenti li scrive qualcun altro per noi e quel qualcun altro non è detto che abbia come priorità l’interesse pubblico. Nella direttiva acqua, all’articolo 13 si parla dell’acqua bene pubblico inalienabile. Prendete una qualsiasi legge, qual è l’articolo principale e ispiratore sul quale si declina tutta la norma? L’articolo 1 e così all’Europa abbiamo chiesto che l’art. 13 diventasse il numero uno per essere appunto il principio ispiratore della direttiva. E stiamo ancora lottando.
Arriviamo all’Italia, che il privato voglia massimizzare il profitto è normale ma la domanda è un’altra: ci sono dei beni che vanno sottratti alla massimizzazione del profitto?
Ci sono beni inalienabili perché rappresentano la vita umana.
Se l’attività in questione è portatrice di un interesse pubblico – pensiamo ai rifiuti, pensiamo all’acqua – non posso massimizzare il profitto, se sono un privato devo ottenere il giusto guadagno e tra massimizzazione del profitto e giusto guadagno c’è uno spazio siderale. Il giusto guadagno è quello che tiene conto dell’interesse pubblico e dato che il privato non ne può tenere conto ci devono stare minimo delle misure di compensazione per controllare l’interesse pubblico. È teoria dell’economia, si studiano al primo anno di università. In Italia abbiamo stanziato 1 miliardo nella legge di stabilità per il piano acquedotti e invasi, 1,5 miliardi è in arrivo con il dpcm Conte sul fondo di garanzia per le opere idriche e 300 milioni per le spese emergenziali. 2, 8 miliardi in questo momento non mi sembrano pochi.
In Italia c’è uno spreco, dell’acqua immessa, di circa il 48%, è ridicolo! È ridicolo perdere quasi la metà dell’acqua perché non investiamo, ecco perché i 2,8 miliardi subito. Possiamo permetterci noi, Paese fondatore dell’Ue, Paese del G7 e del G20, sprecare tutta questa acqua e avere nello stesso tempo cittadini che si vedono razionare l’acqua? Ogni estate? Non ha senso, ecco perché la logica è quella del cambiamento. Abbiamo lavorato insieme, anche con parlamentari qui presenti, sulla norma Daga e anche per emendarla il giusto perché giri sempre meglio. Ma la base, l’articolo 1, è la stella polare. In quest’aula ma anche fuori ci sono 5 stelle ma una si chiama stella cometa. La stella cometa a me sin da bambino mi ha insegnato a sognare e quella prima stella è la stella dell’acqua allora se noi vogliamo sognare – e lo dico da generale ma non da attivista, da ministro della Repubblica – per quella stella cometa, prima fra tutte, o ci battiamo con tutto il sangue che abbiamo in corpo finché esangui non cadiamo a terra, come si suole dire, perché siamo servitori dello Stato e lo Stato sono i cittadini, o ce ne andiamo a casa.
Condividi l'articolo su: