Studio: Ripubblicizzazione Acea Ato2 Spa

LO STUDIO DI RIPUBBLICIZZAZIONE

Lo scorso 20 marzo durante il convegno “Acqua pubblica: utopia possibileabbiamo presentato ufficialmente lo studio di fattibilità sulla ripubblicizzazione di Acea Ato2 commissionato mesi fa alla Merian Research. In seguito a quell’incontro e dopo l’approvazione del bilancio 2016 di Acea Spa, avvenuto in sede di assemblea degli azionisti lo scorso 27 aprile, ho chiesto di aggiornare lo studio con gli ultimi dati per verificare l’andamento della società e le ipotesi fatte sulla possibilità di ripubblicizzazione e per continuare a monitorare la gestione del servizio idrico nella più grande città d’Italia. Vogliamo capire e raccontare come si comportano le multiutility nella gestione dei servizi pubblici locali.

LA CRISI IDRICA

Nelle ultime settimane a causa della crisi idrica, tutti parlano di acqua, spesso e a sproposito. Il tutto mentre i cittadini da anni pagano tariffe sempre più alte per un servizio che invece peggiora. Quelli che pagano il servizio per riceverlo se tutto va bene a giorni alterni. Quelli che nel 2017 ancora non sono allacciati alle fogne. Quelli che si sono visti recapitare bollette pazze, o che hanno dovuto attendere mesi perché i guasti venissero veramente risolti e non rattoppati. Insomma, ancora un’altra volta chi ci rimette sono i cittadini che si trovano a vivere l’ennesima caldissima estate, senza acqua, anche a causa della dispersione della risorsa nelle reti colabrodo, una media generale del 40%, per le quali i gestori avrebbero dovuto operare, investire, manutenere, ristrutturare grazie alle entrate sicure derivanti delle tariffe, magari senza fare profitti e speculazioni finanziarie sull’acqua diritto umano universale. E invece si continua a sprecare e a non tutelare abbastanza.

Ad oggi la situazione è la seguente:

abbiamo il 40% di media nazionale di perdite nelle infrastrutture idriche; siccità che arreca gravi danni ai cittadini in tantissimi Comuni dove si rischia che salti il livello igienico sanitario e 1 miliardo di euro di possibili danni all’agricoltura; eccessive captazioni a costo quasi zero per usi non fondamentali (acque termali, strutture ricettive, piscine, etc, acque in bottiglia); acque marine costiere inquinate a causa della mancanza di sistemi di depurazione e fognatura, quindi scarichi a mare ancora più pesanti nel periodo estivo nel quale c’è maggiore affluenza in questi Comuni costieri ancora non dotati di sistemi efficienti o totalmente assenti; 15 anni di procedure di infrazione europee durante i quali non si è riusciti a risolvere la questione e anzi peggiora come dimostrano gli ultimi dati di Legambiente: l‘insufficiente depurazione e gli scarichi inquinanti rappresentano, secondo il rapporto di Legambiente 2016, sulle acque di balneazione il reato più contestato e in crescita rispetto all’anno precedente, e rappresentano il 31,7% delle infrazioni contestate.

LE PRIVATIZZAZIONI

Sono più di 20 anni che in questo Paese si persegue la via delle privatizzazioni eppure negli ultimi anni in cui siamo stati, tra le altre cose, seduti sugli scranni di Montecitorio, ne abbiamo davvero viste delle belle. Sono stati anni molto difficili anche su questo fronte. Anni nei quali i governi che si sono succeduti hanno portato, sotto la spinta delle lobby economiche alla guida delle Multiutility, un attacco fortissimo all’acqua bene comune. Come? Continuando a trascurare la tutela e la conservazione dell’acqua, continuando a coprire l’assurdità delle concessioni a canoni irrisori e senza gara per la captazione per usi potabili o per imbottigliamento, approvando provvedimenti volti ad incentivare la privatizzazione del servizio idrico e degli altri servizi pubblici essenziali.

Il decreto Sblocca Italia, approvato nel 2014 dal Governo Renzi, tra le altre nefandezze che abbiamo sempre cercato di contrastare, obbliga gli Enti Locali a cedere le reti al gestore unico dell’Ato. Imposizione alla quale alcuni Comuni hanno cercato di resistere, ma alla fine sono stati costretti ad adeguarsi. Un esempio è stato il caso di Civitavecchia che, dopo aver perso il ricorso al TAR prima e al Consiglio di Stato poi, è stata costretta a cedere le reti anche a causa del ricatto del mancato aumento tariffario dovuto alla nuova tariffa imposta dall’AEEGSI (ente terzo garante del mercato). Qui un estratto della conferenza stampa del 16 giugno 2017. 

Denunciare quanto accaduto nel comune di Civitavecchia guidato da uno dei nostri Sindaci a 5 Stelle, serve a ricordare a tutti che non ci fermiamo sulla nostra stella, non c’erano alternative in questo caso, imprigionati come siamo tra Corte dei Conti, azienda che perde 3 milioni di euro all’anno e minaccia di denuncia per danno erariale. Siamo stati costretti a fare questa cessione ma su Roma e Provincia l’obiettivo è, e resta, quello della ripubblicizzazione del servizio idrico.

LA TARIFFA E IL MOLTIPLICATORE

Per quanto riguarda il ricatto della mancata tariffa subìto dai Comuni che come Civitavecchia avevano deciso di resistere contro lo Sblocca Italia, mi preme fare un focus:

la delibera 664/15 dell’AEEGSI http://www.autorita.energia.it/allegati/docs/15/664-15.pdf

definisce il nuovo Metodo Tariffario Transitorio, un algoritmo composto da moltiplicatori vari. A pagina 30 della delibera, l’AEEGSI, definisce quali sono i casi di esclusione dall’aggiornamento tariffario (quindi di aumento della tariffa), tra i quali troviamo il mancato adeguamento a quanto previsto dallo Sblocca Italia (in particolare la violazione di quanto previsto dall’articolo 172 del dlgs 152/2006 come modificato dallo Sblocca Italia). E inoltre specifica cosa ancor più grave: “Dato il fabbisogno di investimenti, ai gestori che daranno vita a processi di aggregazione è riconosciuta la possibilità di trasferire agli utenti una quota maggiore di costi e, in particolare, di quei maggiori oneri derivanti proprio da tali processi di fusione. Questa impostazione segue il Decreto Sblocca Italia che vede nelle aggregazioni dei gestori del SII uno strumento privilegiato per favorire gli investimenti attraverso l’adozione di una logica industriale.”

Guarda caso, il moltiplicatore tariffario relativo a questo fattore “aggregazioni” risulta essere il più alto.

Insomma, se ce ne fosse bisogno questo chiarisce a tutti perché l’AEEGSI dovrebbe essere esautorata dal suo compito di regolazione, perché anche in questo caso si è dimostrata un’Autorità tutt’altro che indipendente. La competenza esclusiva relativa alla funzione regolatoria del servizio idrico, secondo noi, dovrebbe tornare in capo al Ministero dell’Ambiente come dice la Proposta di Legge n. 2212 che avevamo presentato a nostra prima firma, figlia della Proposta di Legge di Iniziativa Popolare, stravolta dal Partito (anti)Democratico nei suoi contenuti più importanti e che intendiamo ripresentare alla prossima legislatura. Siamo sempre più convinti, infatti, che questo Paese abbia bisogno di una quadro legislativo unitario e chiaro su questo tema che fermi i processi di privatizzazione e riorganizzi il sistema in modo pubblico, efficiente e partecipato!

LE SENTENZE DEL CONSIGLIO DI STATO DEL LAZIO E DELLA LOMBARDIA

Visto che stiamo ripercorrendo quanto accaduto sul fronte acqua in questi mesi, non possiamo non citare quanto accaduto anche nelle aule di Tribunale nelle quali persino il Consiglio di Stato ha scelto di sostenere chi fa profitti sull’acqua. Lo ha fatto con due pesanti sentenze emesse negli ultimi mesi che sembrano voler cancellare l’esito del referendum del 2011.

Con la sentenza del 16 maggio il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso dei Sindaci resistenti di Arsoli, Agosta, Canale Monterano, Civitavecchia, Ladispoli, Marano Equo e Roviano contro la Regione Lazio per l’annullamento della nota 141497 del 13/03/2015, con la quale si diffidavano i Comuni ad affidare le infrastrutture idriche ad ACEA ATO2 S.p.A, gestore del Servizio Idrico Integrato, in base a quanto previsto dal Decreto Sblocca Italia. Per chi ha piacere di leggerla, questa è la sentenza completa.

Con la sentenza diffusa il 26 maggio u.s. si definisce che non è stato accolto il ricorso promosso dal Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua e Federconsumatori contro il metodo tariffario del servizio idrico elaborato dall’Autorità per l’Energia Elettrica il Gas e il Sistema Idrico (AEEGSI).
Una pronuncia che come scrive proprio il Forum:
“In sostanza, conferma la tesi, già fatta propria dal TAR Lombardia, secondo cui la copertura integrale dei costi del servizio (c.d. “full cost recovery”) comprende anche il “costo” del capitale proprio investito, giustificando tale scelta con il fatto che l’orientamento pressoché generale della scienza economica fa rientrare nella nozione di “costo” anche quello di “costo-opportunità”, nel senso del valore del mancato impiego del fattore produttivo in altra attività comunque profittevole.” E qui si può trovare anche questa sentenza.

Un ricorso contro il quale si sono schierate persino alcune sedicenti associazioni di consumatori (Associazioni che fanno esposti contro Acea e il possesso delle fonti del Peschiera, che poi denunciano Civitavecchia per non aver ceduto le reti ad Acea, che poi si mettono insieme a Federutility nel ricorso sulla tariffa contro il Forum Acqua e Federconsumatori) e che ci chiediamo come possano sostenere l’attuale metodo tariffario che, come spiega bene lo studio di fattibilità della ripubblicizzazione di Acea Ato2 Spa, in sostanza frega due volte i cittadini che pagano le bollette. Di seguito andiamo a spiegare il motivo della nostra convinzione.

LO STUDIO DI RIPUBBLICIZZAZIONE DI ACEA ATO2 SPA AGGIORNATO AL BILANCIO 2016

Ecco uno stralcio dello studio che andiamo a pubblicare:

All’interno del bilancio 2012 di Acea Ato 2 SpA si specifica che, nel periodo 2012-2015, si sarebbero dovuti effettuare investimenti (totali) pari a 951,8 milioni di euro. In realtà, nello stesso periodo, gli investimenti effettuati in totale sono stati pari a 576,83 milioni di euro (374,97 milioni di euro in meno del previsto). La conferenza dei sindaci del 17 aprile 2012 ha recepito l’abrogazione parziale, a seguito del referendum del 2011, del comma 1 dell’art. 154, D. Lgs. 152/2006 “Tariffa del sistema idrico integrato” nella parte in cui si prevedeva “l’adeguatezza della remunerazione del capitale investito” dal gestore. Fino al 2011 è stata infatti assicurata al gestore una remunerazione del capitale investito pari al 7% .Tale remunerazione garantita è stata cancellata dalla conferenza dei sindaci dell’aprile 2012 che però, contestualmente, ha deciso un adeguamento delle tariffe a fronte di un aumento degli investimenti programmati. L’incremento tariffario deciso per il 2012, rispetto alla tariffa in vigore nel 2011, è stato del 2,97%, per il 2013 del 3,43% e per il 2014 del 3,07%. Ciò significa che l’aumento delle tariffe ha comportato un aumento della remunerazione del capitale degli azionisti dal 7% (che era stato garantito per legge fino al 2011) a circa il 10%, senza però che siano stati realizzati in toto gli investimenti previsti in seguito all’aumento delle tariffe (con la conferenza dei sindaci dell’aprile 2012). Se grazie al referendum del 2011 si è abolita la remunerazione garantita del capitale del 7%, con il recepimento dell’esito referendario i soci di Acea Ato2 Spa sono riusciti ad ottenere una remunerazione del capitale superiore di circa il 3% in confronto al periodo pre-referendum.

Inoltre, aggiungo io, già nel primo metodo tariffario transitorio la remunerazione del 7% era stata reinserita sotto le mentite spoglie degli oneri finanziari.

Insomma ancora una volta i cittadini si ritrovano cornuti e mazziati…quindi mi domando, come si fa a difendere questo metodo tariffario?

Dallo studio vorrei evidenziare nuovamente che i ricavi da tariffa sono stati traslati nella holding anziché reinvestiti nel servizio; proprio per evitare il reiterarsi di queste prassi bisogna puntare sull’introduzione di un obbligo di reinvestimento della tariffa nell’infrastruttura o nel servizio. E’ quanto chiediamo con una risoluzione depositata da poco in Commissione Ambiente alla Camera (qui il link) che tratta in senso ampio la crisi idrica passando anche per il recupero delle perdite nelle reti, se l’acqua scarseggia è bene iniziare a fare quei lavori di manutenzione che sono stati messi da parte da una gestione più finanziaria del bene e meno a servizio della cittadinanza.

Vorremmo optare per questa soluzione anche per limitare il dragaggio di utili da parte dei soci del gestore, sia privati che pubblici, quegli Enti Locali che purtroppo risultano affamati da tali utili per ripianare i buchi di bilancio.

Lo studio inoltre mette ancora in evidenza la situazione debitoria di Acea Ato2, riteniamo così che l’azienda non stia godendo delle famose economie di scala delle quali dovrebbe godere facendo parte di una multiutility, almeno così sentiamo sempre dire. Per questo auspichiamo, e la mozione recentemente approvata (qui il link) ci fa ben sperare, che i Sindaci di Ato2 facciano partire il percorso di ripubblicizzazione del gestore di Roma e provincia.

Questo studio è un esempio, una prima valutazione che ho voluto mettere a disposizione di tutti, in vista del vero lavoro che dovrà essere fatto all’interno del tavolo sulla ripubblicizzazione.

Lo studio effettua un’analisi di bilancio e la valutazione delle società concentrandosi nel confronto sulla differenza debiti/patrimonio netto. Tale differenza ovviamente tende a zero e per ragioni contabili in molte società di grande valore può risultare negativa. Mentre le società per azioni preferiscono fare una valutazione delle società basandosi sulla redditività corrente e prospettica. Come hanno avuto modo di chiarire anche durante il convegno svoltosi lo scorso 20 marzo: “Nei due metodi per la valutazione di Acea Ato 2, quello che si valuta non è l’azienda in un particolare momento storico, come il 31 dicembre 2016, ma l’azienda più la sua capacità di produrre reddito nel futuro. Si vende infatti un’azienda che non è statica ma in movimento, ha contratti, convenzioni in corso, clienti, fornisce servizi, ecc.. e chi la compra deve comprare anche questo “movimento”, questa proiezione dei guadagni nel futuro. I due metodi hanno proprio lo scopo di prevedere e quantificare il “movimento” futuro dell’azienda, usando due tecniche diverse.  Nella valutazione di ACEA ATO 2 SPA è ricompresa, sia nel metodo valutativo reddituale – patrimoniale che in quello finanziario, la valorizzazione degli investimenti effettuati e rappresentati dalle immobilizzazioni materiali ed immateriali. La valutazione effettuata è una tipica valutazione di “azienda” intesa come organizzazione di beni e persone che verrebbe acquistata mediante l’accollo della posizione debitoria della società.”

Ovviamente tutte queste complessità dovranno essere discusse e approfondite proprio all’interno del tavolo sulla ripubblicizzazione.

Per poter migliorare la situazione di gestione dell’acqua è altresì necessario definire gli ambiti ottimali in base a quanto stabilito dalla natura, quindi ambiti di bacino idrografico. Questo è quanto stiamo aspettando ormai da quasi 3 anni che venga attuato nella Regione Lazio, a fronte dell’approvazione della Legge 5/2014 che ne prevedeva appunto l’istituzione. Peccato che 6 mesi dall’approvazione di quella legge siano già passati da tempo, mentre Presidente e Assessore fanno melina perché probabilmente sono molto più interessati alla creazione dell’ambito unico regionale, come già definiti in Toscana e altre regioni. Gestioni che però non si stanno rivelando così ottimali per la cittadinanza.

Infine, leggendo il documento aggiornato al bilancio 2016 (mettere link) vi chiederete… ma dov’è la convenienza nel far cedere le reti al gestore unico? O meglio, nell’essere obbligati a cederle perché il Governo ha messo l’acceleratore sulle privatizzazioni incentivando la creazione di multiutility che ottengano il monopolio nella gestione dei servizi pubblici locali? Dove finiscono veramente i soldi delle bollette dei cittadini, quando un servizio pubblico viene gestito da aziende quotate in borsa? E quello qui riportato è solo un caso di studio, molti altri esempi si potrebbero fare…e il risultato resta il medesimo: a sei anni dal referendum abbiamo ancora molto da fare.

La giusta risposta al voto di 27milioni di cittadini era e resta il testo di legge popolare depositata alla Camera nel 2007 dai comitati per l’Acqua Pubblica. Un testo ripreso in questa legislatura, sul quale ho avuto la possibilità di mettere la prima firma, che parlava di ripubblicizzazione del servizio idrico e che evidenziava come solo una proprietà pubblica e un governo pubblico e partecipato dalle comunità locali possono garantire la tutela della risorsa, il diritto e l’accesso all’acqua per tutti e la sua conservazione per le generazioni future. Un testo distrutto dalla maggioranza con una serie di emendamenti che ne hanno eliminato il cuore, in prosecuzione con il percorso di privatizzazione già in atto nei precedenti 20 anni.