Perché si cancella la possibilità per alcuni Comuni di gestire l’acqua in proprio?

Qualche giorno fa è uscita dagli uffici del Ministero della Transizione Ecologica una bozza di decreto che non sappiamo ancora se si chiamerà “Semplificazioni” o “Decreto Mite”. Si tratta di una bozza che dovrebbe dare il la alle riforme previste dal PNRR, cioè quei 209 miliardi di euro di cui si è tanto parlato nell’ultimo anno.

Al suo interno ci sono moltissimi temi che affrontiamo da anni, mi sono spulciata il testo trovando un articolo che prevede la cancellazione di una parte del Testo Unico Ambientale riguardante la gestione del servizio idrico integrato, c’è una bellissima Relazione Tecnica che spiega le motivazioni dell’esistenza degli articoli contenuti in bozza.

In sostanza è prevista la cancellazione della possibilità, per alcuni Comuni, di poter gestire l’acqua in proprio. Questi Comuni, secondo legge, devono avere contestualmente le seguenti caratteristiche:

1. approvvigionarsi da fonti qualitativamente pregiate;

2. avere fonti in parchi naturali o aree protette;

3. utilizzo efficiente dell’acqua e presenza del servizio di depurazione.

Penso che sia fondamentale mantenere questo assetto per la particolarità di questi territori.

La Relazione Tecnica sostiene di risolvere il problema delle tantissime gestioni in economia (cioè appunto i Comuni che gestiscono in proprio l’acqua) con la cancellazione di questo pezzo di legge. Peccato che per la maggior parte delle gestioni in economia si tratta di Comuni che di fatto non hanno le caratteristiche che ho elencato poche righe sopra. Viene lamentato il fatto che ci siano dei contenziosi per i Comuni dalla gestione speciale (fatemela chiamare così per semplicità) ma sarebbe utile capire quanti contenziosi esistono sulla carta e per quali motivazioni sono state aperte cause legali con i gestori territoriali. A questo punto, se la scelta è stata fatta dagli Ambiti Territoriali con interpretazione a maglia larga invece di attenersi alla chiarissima legislazione vigente, perché non chiedere al MITE o ad un ente superiore il controllo delle caratteristiche di quelle gestioni?

Sottolineo che la legge già prevede di dover cedere la gestione delle reti ad un unico soggetto gestore dal 2015 come data più recente, quindi cancellare questa parte di legge non cambierebbe nulla per le situazioni più disastrose del Paese, che oltretutto lo sono da tempo immemore, molto prima del 2015.

Obiettivo del Governo dovrebbe essere quello di aiutare quei territori che non riescono a creare gestori o che ci stanno mettendo molto tempo, e rendere più veloce e certo l’accesso al fondo del Piano Idrico Nazionale (che serve a finanziare investimenti negli acquedotti senza far gravare i costi di grandi investimenti, necessari per i territori, sulle bollette), nel quale confluiranno somme anche dal PNRR, e così far accedere al fondo anche quei Comuni “virtuosi” che gestiscono correttamente il sistema idrico integrato sulla base di quanto previsto dalla legge (l’articolo 147 del Codice dell’ambiente, D.lgs. 3 aprile 2006, n.152).

Si tratta di una bozza di decreto, quindi non siamo assolutamente certi che questo articolo sarà incluso in un prossimo decreto legge ma sicuramente operare un taglio legislativo di questo tipo non risulta efficace per risolvere le tante criticità presenti nel nostro Paese. 

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